La nostra società è caratterizzata da un assetto sociale e produttivo fondato sull’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Vi è quindi una relazione molto stretta fra accesso ai mezzi di comunicazione, pluralismo delle idee, libertà di espressione e, in ultima analisi, corretto funzionamento delle istituzioni democratiche.
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Infatti, la partecipazione dei cittadini in modo attivo e consapevole alla vita politica, sociale ed economica richiede che ciascuno possa accedere ad informazioni complete, veritiere, attendibili e riferibili ad una pluralità di punti di vista. Tuttavia, il sempre più frequente ricorso a servizi prestati via Internet, la crescente diffusione dei social media e lo sviluppo delle tecnologie algoritmiche provocano una costante tensione fra libertà nella diffusione e nella ricezione delle informazioni, tendenza al controllo dei flussi informativi da parte delle maggiori web companies, tutela dei diritti della persona e allocazione delle connesse responsabilità di sorveglianza. In questo scenario, la “sovranità digitale” – cioè il potere di determinare le regole del gioco – è contesa fra grandi intermediari digitali, stati nazionali e Unione europea. Ci si chiede, però, fino a che punto lo strumento del diritto sia adeguato ed efficace per regolamentare i fenomeni connessi all’evoluzione tecnologica.